Risorgerai, d’Apulia
Al sol, com’eri nell’età novella;
Vittrice dello scempio,
O Vecchia Cattedral, parrai più bella.
(Michele Croce)
Nel cuore del centro storico, che ricalca l’estensione planimetrica della città romana, si erge sobria e imponente la basilica Cattedrale. In stile romanico pugliese, con chiari elementi bizantini, ha la facciata attribuita ad un architetto gallico di nome Zano, che la costruì nel 1231 su commissione del vescovo Pietro I. Ne dà notizia l’epigrafe contenuta nella lunetta del portale di sinistra, ai lati del busto del Cristo benedicente. L’ingresso principale è delimitato da due piedritti, che sorreggono due mensole con motivi floreali scolpiti nella pietra calcarea, e da un ampio archivolto a sesto acuto con cornice decorata a palmette continue, che si imposta su due mensole con elementi floreali e zoomorfi. Anche il portale di destra è sormontato da un arco a sesto acuto con una cornice a foglioline intagliate nella pietra.
Il tetto che sovrasta le navate laterali, più basso di quella centrale, è asimmetrico. Questo involontario errore di progettazione, che la rende piacevole all’occhio del turista e grottesca a quello di un tecnico, va attribuito all’architetto Ceschi, che ridonò alla chiesa il suo originario splendore, violato dal terremoto del 1930. Risultato eccellente di questo intervento è il rosone delimitato da una fascia con tralci e racemi intrecciati e da una doppia cornice aggettante a dentelli alternati e foglie a sima, quest’ultima poggiante direttamente su colonnine tortili e leoni stilofori. Al centro del rosone, si staglia su vetro la figura del Cristo Pantocratore, eseguita dal pittore siciliano Zagami nel 1936.
Nella parte sommitale, un bue, dalle corna mozzate, domina l’intera facciata.
L’interno si presenta a croce latina con la navata centrale doppia sulle navate laterali e con presbiterio rialzato da gradini. Le colonne, tutte in granito, provengono probabilmente da edifici romani. Esse hanno differente altezza, alla quale si è sopperito con l’impiego di basi di dimensioni e fattura diversa (capitelli e pulvini romani reimpiegati). Le campate sono scandite da una successione di archetti a tutto sesto che si impostano direttamente sui capitelli corinzi e ionici, di cui alcuni reimpiegati e altri riferibili all’VIII-IX secolo. Oltre ai capitelli, all’interno della chiesa, incastonati nei muri perimetrali, si conservano altri elementi di arredo architettonico (tre transenne lucifere, frammenti di plutei decorati con motivi a rilievo, una colonnina di chiusura del transetto), che assieme a numerosi altri, recuperati dal Ceschi e oggi conservati nel Museo Civico, possono confermare la presenza di un edificio di culto già in età altomedievale, probabilmente in concomitanza con l’affermazione della diocesi di Bovino. Precedenti alla chiesa romanica sono una fonte battesimale, ricavata da una grosso mortarium romano in pietra su un capitello ionico capovolto e le colonne che descrivono l’arco absidale con le mensole istoriate (Daniele nella fossa tra i leoni, due cervi ai lati di un kantharos, due colombe con ramoscelli di ulivo ai lati di una croce, un grifo presso una fonte).
La basilica non si chiude, come di consueto, con un’abside.
La parte superiore della parete è completamente coperta dalle canne dell’organo, che inglobano il dipinto degli anni Venti riproducente l’Assunta, copia della tavola del Tiziano, alla quale è titolata la chiesa. Nella parte bassa della parete e sulle due adiacenti, corre un coro ligneo, voluto dal vescovo Paolo Tolosa nel 1613. Una fonte di notevole importanza per la storia di questo monumento è rappresentata dall’epigrafe del 1703, posta al lato dell’altare, che ricorda di celebrare il 15 ottobre di ogni anno una messa in suffragio di Roberto di Loretello, signore di Bovino fino al 1182 e probabile sostenitore materiale dei lavori di questo edificio liturgico.
Una scalinata, aperta sul transetto della basilica, permette l’accesso diretto al cosiddetto “Cappellone” di San Marco. La chiesa, originariamente autonoma, presenta anche un portale monumentale, che dà sull’esterno, con la lunetta riproducente in bassorilievo S. Marco di Aecae, con mitra e pastorale, tra due diaconi, che reggono la suppellettile liturgica. L’edificio venne realizzato nel 1197, come attesta un’epigrafe datata al 1703, forse in occasione dell’arrivo in città delle reliquie del Santo, da allora venerato come Patrono del paese. L’interno è a navata unica, chiusa da un ampio presbiterio, sormontato da una cupola. Sulla parete di fondo un altare barocco, su cui domina una tela settecentesca, custodisce le ossa di San Marco, riprodotto in un prezioso busto di scuola napoletana della fine del XVIII secolo. Questa chiesa ha rivestito anche il ruolo di “cimitero dei Vescovi”, per aver ospitato le tombe monumentali di alcuni dei più importanti vescovi, che ressero l’antica diocesi di Bovino.
Da qui si raggiunge anche il campanile, che al primo piano, oltre a colonne e capitelli di età romana e altomedievale, custodisce un’epigrafe, attribuita al vescovo Oddo, che occupò la sedia vescovile tra la fine del X e la metà del secolo successivo.
(Simone Schiavone)